Ago 12 2006

Il referendum e le grandi opere

Pubblicato da at 19:39 Categorie Editoriali

Il Quotidiano della Calabria
Le recenti vicende relative alla realizzazione di opere importanti nel nostro paese pongono il problema di chi è il “decisore finale”. Non c’è dubbio che la responsabilità di decidere è della massima autorità eletta dal popolo per governare. Così per un’opera di carattere nazionale l’ultima parola spetta al Governo, per quelle di rilievo regionale spetta alla Regione e così via.
Questa semplice individuazione delle competenze e delle responsabilità, che sempre ha accompagnato le nostre valutazioni economiche e sociali, tecniche e ambientali, nonché le dettagliate informazioni alla pubblica opinione, mostra segni di grande difficoltà.
Le traversie della costruzione della “variante di valico” sono state un esempio tra i più emblematici. Un’opera fortemente voluta dalla Toscana e dall’Emilia Romagna, ha trovato ostacoli politici e pseudo-ambientalistici tanto che la sua realizzazione si sta completando dopo un decennio.
Se nel 1997, quando vi è stato a Palazzo Chigi un vivace confronto tra Di Pietro, ministro dei LL PP favorevole ed Edo Ronchi, ministro dell’Ambiente contrario, allora verde e oggi diessino, il presidente Prodi, che con il sottosegretario Micheli ed il sottoscritto, era presente, avesse deciso di indire un referendum nelle due Regioni, l’opera sarebbe stata realizzata in tempi “svizzeri” e cioè in tre-quattro anni.
Oggi si presentano situazioni analoghe in molte parti d’Italia e anche al Sud. Esaminiamo i singoli casi a partire dal Treno ad Alta Velocità tra Lisbona e Kiev con l’attraversamento delle Alpi in Val di Susa.
Questo corridoio, vitale per il nostro paese, taglierà fuori l’Italia se non si può accelerare e modernizzare presto il passaggio sotto le Alpi. E’ vero che il Governo di Centro-Destra ha trascurato il dialogo con i cittadini e soprattutto con gli Enti Locali; che avrebbe potuto scegliere la via del graduale miglioramento dell’attraversare le Alpi, con l’ammodernamento della linea storica per i treni passeggeri e la costruzione di una nuova galleria a quota superiore per i treni merci e successivo completamento dell’opera; è anche vero però che non basta sottrarre il tunnel alla Legge Obiettivo e non basta nemmeno che il Governo, la Regione, e il Comune di Torino siano favorevoli; l’opera si potrà fare solo se i piemontesi concorderanno in una consultazione referendaria.
Nella laguna veneta, la costruzione delle paratie mobili o meglio del Mose è in corso. Trattandosi però di Venezia l’attenzione è viva in ogni Continente.
Il progetto Mose ha una storia lunghissima. Esso è innovativo e unico al mondo; ha superato positivamente le valutazioni tecniche, ambientali, idrauliche e quant’altro. Sfortunatamente però il tempo cambia anche l’opinione degli uomini e colui che era il sostenitore più accanito, cioè il sindaco Cacciari, oggi, forse, sulla spinta dei suoi giovani parenti, è diventato il vero oppositore dell’opera. Concordano l’Europa, l’Italia e la Regione Veneto ma il Sindaco no. Cosa si può fare? Si può realizzare una così grande opera avendo contro il comune di Venezia? No di certo.
L’appalto è in corso, il progetto definitivo c’è e può essere anche migliorato. E allora cosa fare? Semplice; si tagli la testa al toro e si verifichi la volontà del popolo: un referendum consultivo in tutto il Veneto o nella Provincia di Venezia oppure limitato ai veneziani, può risolvere il problema. Se la risposta sarà positiva nessuno può fermare l’opera; se negativa vorrà dire che i veneziani se la vedranno con l’acqua alta.
Altra grande opera veneta è il Passante di Mestre. Si sta costruendo e quindi non dovrebbe incontrare grandi ostacoli nel suo cammino. Se gli ostacoli cresceranno anche qui i cittadini debbono dire si o no a un’opera che, a parte i benefici ai collegamenti internazionali, rappresenterà un mezzo per migliorare l’ambiente di quel territorio e per far risparmiare tempo e denaro ai pendolari veneti.
Qualora il ministro dell’Ambiente Pecoraio Scanio insistesse nel dire che la galleria del Brennero, essenziale per il corridoio europeo n. 1 Berlino – Palermo, non è opera prioritaria, si decida per tempo il ricorso al referendum, onde evitare una nuova Variante di Valico, impiegando venti anni per fare un’opera che ne richiede appena cinque.
Del corridoio europeo Berlino-Palermo fa parte anche l’attraversamento stabile dello Stretto di Messina, che in passato l’Italia ha ritenuto di dover studiare, progettare e costruire. Dopo lunghi studi e ricerche sull’attraversamento, tra le numerose proposte, si è scelto il ponte sospeso ad una campata.
Siamo di fronte al progetto del più lungo ponte sospeso della storia.
La paura dell’ignoto o del “mostro”, che dir si voglia, ha turbato l’animo di parecchie persone in buona fede. Ma altre persone, con i piedi per terra, non ne vogliono nemmeno sentire parlare per meri interessi di bottega. I capi leghisti e quelli di Assolombarda sono i veri ispiratori del no al ponte. Gli interessi del mondo finanziario internazionale si sposterebbe dal Nord al Sud del paese e costoro di tutto questo non ne vogliono sapere.
Con il nuovo Governo, in cui esistono forze minoritarie agguerrite, quelle nordiste hanno trovato preziosi alleati anche nel Mezzogiorno. Vi sono però personalità importanti dell’imprenditoria, del sindacato e dei partiti dei due Poli che ne vogliono invece la realizzazione. E queste forze vogliono anche il TAV al Sud e un sistema autostradale moderno. Sono legittime rivendicazioni. Ma poiché questa storia vecchia si traduce sempre in una punizione del Sud, dove gli investimenti del settore non superano mediamente il 10% del totale nazionale, si abbia il coraggio allora di far decidere i calabresi e i siciliani se l’eurostar da Milano potrà mai raggiungere Palermo oppure no.
In Calabria esiste un altro caso esemplare: la costruzione di Europaradiso presso Crotone. Imprenditori di Israele intendono investire diversi miliardi di euro per realizzare un complesso turistico di valore eccezionale. Dopo opportune verifiche le forze politiche e sindacali più responsabili intendono assecondare questo investimento che cambierebbe l’intera economia della provincia di Crotone e oltre. Non sono stati fatti però i conti con chi della Calabria e della sua povertà non importa proprio nulla. Sono nati così i comitati contrari, eterodiretti e frequentati purtroppo anche da piccoli e incoscienti “ascaretti” locali. C’è da domandarsi come mai beghe di così poco conto possano impedire iniziative di così grande importanza. E purtroppo anche in questo caso vi sono ministri che remano contro. E allora che fare? La risposta non può che essere: facciamo il referendum tra i cittadini crotonesi.
Per inciso voglio ricordare che la galleria del Gottardo è l’unica grande opera europea avviata negli ultimi due anni. Gli svizzeri infatti hanno risposto si al relativo referendum.
Qualcuno obietta che i referendum costano troppo e quindi costituiscono uno spreco. No, cari signori, il ricorso al popolo non è mai uno spreco, è un investimento sulla democrazia, che produrrà comunque nuova ricchezza e nuova occupazione.

di Aurelio Misiti
www.aureliomisiti.it

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